Una nuova generazione di papà emotivamente coinvolti e accudenti si sta facendo strada in Italia. Diversi segnali annunciano il cambiamento, anche nei luoghi di incontro virtuali del web e dei social media, punto di osservazione privilegiato delle tendenze e delle relazioni. I profili social sono vetrine dove l’utenza mostra agli altri la propria identità o comunque l’immagine di sé che vuole rendere pubblica. La rete è uno strumento per condividere esperienze e messaggi, creare comunità attorno a temi di interesse. È anche un luogo dove si lavora alla costruzione di nuovi modelli di relazione e di nuove narrative dei ruoli sociali. Ecco perché 4e-parent prevede un lavoro di analisi dei contenuti dei social media, affidato a Deep Blue, partner del progetto.
La spinta al cambiamento
Nella nostra società sembra essere in corso una lenta trasformazione: sta declinando la figura tradizionale del padre esclusivamente lavoratore, che provvede economicamente alla famiglia ma non si occupa di accudire la prole. Da decenni ormai la partecipazione crescente delle donne al mercato del lavoro ha fatto venir meno i presupposti economici che potevano giustificare questa rigida divisione di ruoli tra le mura di casa. Nel 1980 solo il 35,9% delle donne di età compresa tra 25 e 64 anni aveva un’occupazione retribuita. Nel 1990, il tasso era salito al 41,3%. Nel 2000, al 45,8% e nel 2010 al 51,3%, in base alle serie storiche dei dati pubblicati dall’ISTAT. Benché l’Italia abbia la percentuale di donne lavoratrici più bassa di tutta l’Unione Europea, la tendenza al cambiamento è evidente e oggi le coppie con figli che hanno entrambi i partner occupati sono quasi il doppio di quelle che fanno affidamento solo sullo stipendio paterno.
Se mamma e papà hanno entrambi un lavoro retribuito, assegnare esclusivamente alla donna i compiti di cura non è funzionale all’organizzazione della famiglia. È un uso che quando persiste è un retaggio culturale che nuoce anche ai padri, perché li ingabbia in uno stereotipo e li priva della libertà di esprimere tenerezza e stabilire con serenità e naturalezza un rapporto di intimità con figli e figlie. Gli uomini se ne stanno accorgendo e cominciano a manifestare il desiderio di dedicare, quanto più equamente possibile, tempo e impegno alla vita familiare. Secondo l’ultimo Rapporto annuale del Censis sullo stato del Paese, peraltro, l’instabilità economica degli ultimi anni, la pandemia e le guerre hanno influito sulle priorità della popolazione italiana e oggi l’87,3% delle persone occupate, uomini e donne, rifiuta di considerare il lavoro come centro della propria vita e misura del successo personale. L’81% intende riservare più tempo alla cura dei rapporti familiari, alle amicizie e alle relazioni sociali.
Un cambiamento sociale è in atto, dunque, ma come documenta uno dei report prodotti da 4e-parent La partecipazione dei padri nei primi 1000 giorni: «è lento, discontinuo per gruppi sociali e zone geografiche e anche in termini di cultura dei servizi, socio sanitari ed educativi, per quanto attiene all’inclusione del padre o del partner». Chi prende le decisioni politiche reagisce con lentezza alle nuove tendenze: il congedo obbligatorio di paternità in vigore in Italia ha una durata simbolica, di appena 10 giorni, e misure come il part time e la flessibilità oraria sono rivolte soprattutto alle donne, che più spesso degli uomini rinunciano a lavorare come conseguenza delle difficoltà di conciliare famiglia e tempi di lavoro.
«Scopo del nostro studio nell’ambito del progetto è ricostruire la diffusione delle nuove narrazioni della paternità diffuse nel web e nei social media, per dimostrare a chi prende le decisioni politiche, dati alla mano, che la società sta esprimendo la volontà di cambiare, che ci sono nuove esigenze di cui tenere conto e una spinta al cambiamento da sostenere», spiega Mara Marzella, la ricercatrice che sta conducendo l’analisi sui social media.
La rete come luogo di confronto
I periodi di transizione sono tempi di confusione e insicurezza. Vecchi modelli vengono meno, ma non sono ancora consolidati nuovi modelli a cui conformarsi. I giovani padri che vogliono partecipare attivamente alla cura dei loro bambini e bambine fin dalla nascita spesso non hanno nella propria storia familiare una guida a cui fare riferimento per orientarsi in questa fase delicata della loro vita. È una situazione che può generare resistenze culturali, le reazioni pessimiste di chi denuncia la “scomparsa del padre” e attribuisce a questo cambiamento l’origine di malessere sociale e disagi psicologici, come spiegano le sociologhe dell’Università di Genova Gabriella Petti e Luisa Stagi nel saggio “Nel nome del padre. Incursione nei territori della paternità” (Ombre Corte, 2015).
D’altra parte, questi sono anche tempi fertili e creativi in cui prendono forma nuove dinamiche e nuovi modelli, più funzionali rispetto alle mutate esigenze delle famiglie. Ecco quindi che i nuovi padri cercano strade inesplorate confrontandosi con i loro pari, con cui si sentono più liberi di esprimere emozioni e dubbi senza il timore di essere giudicati, mettendo da parte il fardello degli stereotipi. Lo fanno nella vita reale, parlando con gli altri futuri papà agli incontri per l’accompagnamento alla nascita organizzati dai consultori familiari, ospedali e associazioni, che sempre più spesso riservano spazi ai partner maschili, o dopo la nascita, scambiando esperienze e consigli al parco con gli altri padri che accompagnano bambini e bambine a giocare. E lo fanno in rete, il luogo per eccellenza della comunicazione orizzontale.
Su siti web, forum e blog cercano quelle informazioni sul mondo dell’infanzia che tradizionalmente vengono condivise dalle mamme e raccontano le proprie esperienze, emozioni e riflessioni, raccogliendo follower e creando comunità che elaborano insieme nuove narrazioni sulla paternità.
Il fenomeno dei papà blogger, descritto nel saggio Nuove geografie della genitorialità: i padri 2.0, è più recente e di dimensioni più modeste rispetto a quello delle mamme blogger, ma sta riscuotendo successo perché soddisfa un’esigenza emergente.
«Ho passato nove mesi a cercare invano informazioni, le trovavo solo nei siti per mamme, nei forum per mamme, in pagine Instagram esclusive per mamme», scrive Antonino Pintacuda, uno dei quattro fondatori della newsletter Padri in formazione. «Anche le app sono tutte progettate e disegnate per le mamme. In 36 ore di corso preparto a noi papà hanno dedicato appena 3 ore alla corretta installazione del seggiolino. Ho scandagliato librerie fisiche e digitali e la proporzione tra libri per mamme e libri per papà è 99 a 1», continua Pintacuda.
“Dad hacks for babies”
Tra i contenuti più originali e significativi che riflettono le nuove narrazioni sulla paternità (magari non sempre virtuose o comunque volutamente autoironiche) la ricerca sui social del progetto ha selezionato una prima rassegna di video pubblicati su Tik Tok. «È una piattaforma che si rivolge a un’audience giovane e particolarmente attiva», spiega Mara Marzella. «L’utenza non si limita a guardare i video e commentarli, ma riprende il format di quelli più apprezzati e lo riproduce creando e postando la propria versione dello stesso contenuto, oppure lo modifica, lo decostruisce. Si forma così un racconto a più mani che circola tra migliaia o persino milioni di utenti».
Un esempio di format virale è quello dei “dad hacks for babies”, filmati di padri per padri, seri o un po’ dissacranti, che mostrano trucchetti per cambiare il pannolino senza sporcarsi, mettere a letto senza pianti il bimbo o la bimba, distrarre e intrattenere con successo i più piccoli. Una variante decisamente autoironica, che cavalca i luoghi comuni con effetti molto divertenti, è la serie “ho chiesto a mio marito di tenere suo figlio due minuti e mi trovo davanti questo”, con neopapà che escogitano espedienti geniali o maldestri per tenere buoni bimbi e bimbe mentre sono impegnati in altre attività.
Ci sono video i cui i neopapà elencano i commenti di amici e conoscenti che si rivolgono a loro come a genitori di serie B, dando per scontata la loro incapacità di occuparsi di figli e figlie rispetto alle mamme. Ci sono quelli che mostrano le reazioni differenti di bimbi e bimbe quando rivedono dopo una breve assenza la mamma o il papà e quelli in cui il piccolo o la piccola si frappone tra i genitori che cercano un momento di intimità.
La presenza e la viralità di questi contenuti denotano una nuova consapevolezza e un certo fermento trasformativo intorno al ruolo paterno. Sembra emergere la necessità di un nuovo equilibrio e di nuovi ruoli all’interno del nucleo familiare.
Ed è quello che il progetto andrà a esplorare nei prossimi mesi.
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