Genitori in azienda: un webinar per sfatare miti e cercare soluzioni concrete

da | Dic 23, 2024

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Per promuovere il coinvolgimento dei neo-papà bisogna agire su diversi fronti: chiedere al legislatore regole più eque sui congedi, informare e sensibilizzare il pubblico sui benefici della mascolinità accudente e collaborare con le aziende perché offrano ai lavoratori padri, oltre che alle lavoratrici madri, strumenti efficaci per conciliare gli impegni professionali con la vita privata e la famiglia. Su questi temi, il Centro per la Salute del Bambino ha organizzato il 5 dicembre scorso un webinar dal titolo “Genitori in azienda: come, quando, perché supportarli”, di cui si può tuttora guardare la registrazione.

«Abbiamo deciso di lavorare anche con le imprese, perché il mondo produttivo può avere un ruolo importante nella promozione della genitorialità responsiva e quindi un’influenza sul benessere delle madri e dei padri, da cui poi le aziende traggono dei benefici», ha spiegato in apertura del webinar Francesca Zambri, ricercatrice dell’Istituto Superiore di Sanità. «Sono partner strategici per favorire un cambiamento culturale e contribuire a creare consapevolezza sui diritti legati alla genitorialità».

L’incontro online ha offerto l’occasione per ragionare in modo costruttivo sui risultati del sondaggio condotto nell’ambito del Progetto 4e-parent tra genitori e futuri genitori dipendenti di sei aziende italiane, cinque grandi e una medio-piccola.

Le voci di madri e padri

Dalle risposte al questionario, più di mille raccolte, sono emersi alcuni punti degni di nota. «Innanzi tutto, sia madri che padri hanno dimostrato grande interesse per gli strumenti che consentono di trascorrere più tempo con figli e figlie», ha spiegato Maddalena Cannito, sociologa dell’Università di Torino e coautrice dell’indagine. «È vero in particolare per i più giovani, sotto i trent’anni, che attribuiscono maggior valore alla vita familiare e alle cure parentali rispetto a colleghi e colleghe della generazione precedente, al punto tale da considerare meno attraenti le posizioni lavorative che richiedono un impegno poco compatibile con la famiglia».

Il sondaggio ha evidenziato una carenza di informazione sui congedi di paternità, sulle modalità per usufruirne e sull’obbligo per le aziende di concederli. «Il diritto al congedo di maternità ormai è un dato acquisito e le future madri sanno come devono muoversi per presentare richiesta in gravidanza. I futuri padri invece sono ancora disorientati», ha osservato Cannito.

Del congedo di paternità ha usufruito solo il 45% dei lavoratori che hanno risposto al questionario. «Metà di quelli che non ne hanno goduto ha sostenuto di non averne bisogno perché del bambino o della bambina si occupa la madre. Tanti ne hanno fatto a meno per paura di critiche da parte dei dirigenti o dei colleghi, per non dare l’impressione di essere inaffidabili o poco interessati all’avanzamento della carriera», ha proseguito la sociologa.

Carichi di lavoro eccessivi, poco rispetto degli orari previsti, scarsa sensibilità dei dirigenti, impegni improvvisi che costringono a modificare la programmazione del tempo libero sono i principali ostacoli alla conciliazione citati dai partecipanti.

L’impegno delle aziende

Michela Lotti, del coordinamento diversity management del Gruppo Hera, Betty Pagnin, fondatrice di BuddyJob ed equity partner di One Day Group e Rinaldo Platti, CEO di Prolink hanno partecipato al webinar descrivendo le politiche delle rispettive aziende per sostenere i neogenitori. «Il nostro primo impegno è quello di dare ascolto alle loro necessità, organizzare incontri e webinar per informarli sui loro diritti, sugli strumenti che l’azienda offre loro e per promuovere un modello genitoriale che vada oltre la divisione tradizionale di ruoli tra padri e madri, con un’attenzione particolare ai benefici dell’accudimento paterno», ha illustrato Michela Lotti. «Abbiamo creato un sito web per aiutare concretamente i genitori a orientarsi tra le disposizioni di legge sui congedi e abbiamo introdotto misure di flessibilità, permessi retribuiti per l’inserimento di figli e figlie alla materna».

Informazioni e aiuto per destreggiarsi nella burocrazia sono ausili fondamentali per i neogenitori anche secondo Betty Pagnin. «Offriamo inoltre sei mesi di congedo di maternità e uno di paternità retribuiti al 100% e 300 euro al mese netti per i primi tre anni di vita del bambino o della bambina, per l’acquisto di servizi come il nido o la baby sitter», ha spiegato. «E, soprattutto, massima flessibilità negli orari, perché crediamo che quel che conta sia il raggiungimento degli obiettivi prefissati e non il numero di ore passate in ufficio. Il lavoratore è più efficiente se è libero di distribuire i suoi impegni nel modo in cui gli è più comodo e conciliarli con la cura della famiglia».

È dunque sostenibile per un’azienda incoraggiare l’accudimento paterno garantendo gli stessi strumenti di conciliazione a entrambi i genitori. «La domanda giusta da porsi non è se, ma come renderlo possibile e sostenibile», ha risposto Rinaldo Platti. «Dove sta scritto che la madre può fermarsi e il padre no? Bisogna combattere questo pregiudizio che si ripercuote negativamente sulla carriera professionale della donna e su tutta la sua vita retributiva e poi pensionistica. E per demolire lo stereotipo bisogna formare i dirigenti e informare e sensibilizzare i lavoratori. Il coinvolgimento dei padri è un beneficio per la salute e il benessere di bambini e bambine ed è nel loro interesse che bisogna superare qualunque pregiudizio e mettere in atto tutti gli strumenti disponibili».

Mettere al centro della riflessione e delle iniziative la crescita in salute e lo sviluppo di bambini e bambine aggiunge un carico importante sul piatto della bilancia. «L’impegno delle aziende è motivato dalla necessità di adeguarsi a un cambiamento sociale in atto, ma è anche un contributo importante al benessere della comunità», ha precisato Monica Castagnetti, pedagogista del Centro per la Salute del Bambino e moderatrice del webinar. «Perché lavorare con i genitori vuol dire partecipare al sistema delle cure e questa scelta ha un impatto sociale fortissimo a breve, medio e lungo termine».