Il mese di congedo parentale all’80%

da | Mag 25, 2023

Tempo di lettura: 3 minuti

Il mese di congedo parentale all’80%: cosa cambia davvero e chi ne beneficerà, al di là della retorica

Il 17 maggio è uscita la circolare Inps su come richiedere il mese di congedo parentale pagato all’80% del salario, previsto dalla legge di bilancio del 2023.
Diverse testate online hanno dato la notizia con l’abituale enfasi nei titoli, parlando di “maxi-congedo” o “super-congedo”. Ma di che cosa si tratta per davvero? Cerchiamo di chiarire la portata effettiva di questa norma e chi ne potrà beneficiare.

Non si tratta di un mese in più
In primo luogo, non si tratta di un mese in più: la misura non aumenta il numero totale dei mesi di congedo parentale, – o come meglio andrebbero definiti, congedi ‘genitoriali’ – bensì interviene sulla compensazione economica di uno dei mesi già previsti.
I congedi genitoriali sono, in sostanza, quelli fruibili dalle madri, oltre ai 5 mesi di congedo di maternità pagati all’80% del salario e, dai padri, oltre ai 10 giorni di congedo di paternità pagati al 100%. Il totale dei mesi di congedo genitoriale a disposizione resta di 10, ripartibili fino a un massimo di 6 per genitore e usufruibili entro il sesto anno di età – dodicesimo nel caso di adozione. Possono diventare 11 totali solo se il padre ne usufruisce almeno 3.
La novità della recente legge di bilancio consiste, dunque, nell’aumentare il riconoscimento economico per uno dei mesi fino all’80%, potendolo inoltre ripartire tra i due genitori. Gli altri 8 mesi restano coperti al 30% del salario, ai quali si aggiungono 1 o eventualmente 2 mesi indennizzabili solo nel caso di difficoltà economiche, e sempre solo fino al 30%.

Un passo avanti, ma la strada è ancora lunga
Sebbene teoricamente fruibile anche dai padri, questo mese maggiorato verrà prevedibilmente usato quasi esclusivamente dalle donne, che aggiungono di solito, se ne hanno la possibilità economica, alcuni mesi del congedo genitoriale ai 5 del congedo di maternità. Per inciso, non si comprende perché questo non venga pagato al 100% come nella maggioranza degli altri paesi europei, compresi quelli vicini a noi come Francia, Portogallo, Spagna e Austria.
Il fatto di poter usufruire di un mese retribuito con 50 punti percentuali in più rispetto allo standard del 30% è certamente un beneficio, il quale permetterà di raggiungere il minimo sindacale consigliato dalla Società italiana di neonatologia e dall’Organizzazione mondiale della sanità di almeno 6 mesi per sostenere l’allattamento. Nei fatti però, questa misura, sia pure utile e giusta, non solo non risponde ancora ai bisogni minimi delle mamme, ma aumenterà plausibilmente lo squilibrio fra congedi disponibili per le madri e quelli per i padri, che è tra i più marcati in Europa, allineandoci a Ungheria, Polonia e Repubblica Ceca. Ciò si riflette a sua volta nel divario occupazionale fra uomini e donne che è il più alto d’Europa dopo quello della Grecia.
È importante, poi, sottolineare che, se per il congedo di maternità l’Italia si colloca ai posti medio-alti, per il congedo di paternità si colloca invece ai livelli più bassi, mentre i congedi parentali sono non solo fra i peggio pagati (un mese all’80% non cambia questo ranking), ma anche piuttosto brevi rispetto ad altri Paesi (la Germania, per esempio, garantisce 24 mesi a ciascun genitore) .

Che fare?
La strada da fare per portarci a livelli comparabili a Paesi vicini a noi è lunga, sia in termini di politiche che di impegno dei padri nella cura. Se il traguardo è quello di arrivare, il più velocemente possibile, alla piena parità nel coinvolgimento di madri e padri, si potrebbe partire subito con un prolungamento deciso dei congedi di paternità, come ha fatto in Francia il presidente Macron portandoli in un colpo solo da 14 giorni lavorativi a 28. Più ambizioso, ma cruciale, sarebbe garantire un periodo continuativo e significativamente più lungo di congedo di paternità dopo la nascita, effettivamente obbligatorio ed esteso ai lavoratori che ora non ne hanno diritto. Il tutto accompagnato da una campagna di sensibilizzazione dei datori di lavoro, che potrebbe vedere un’alleanza strategica con soggetti istituzionali come l’Inps, affinché i congedi di paternità vengano usati dalla totalità dei padri aventi diritto. Infine, aggiungere una migliore retribuzione per tutti i mesi di congedo genitoriale per madri e padri pari almeno all’80% del salario, soglia sotto la quale, secondo l’esperienza europea, i padri neanche li prendono e le madri lavoratrici subiscono un danno economico rilevante.

1 commento

  1. luca giachi

    direi che non si può non essere d’accordo!

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