Le grandi mani di mio padre – Quando un gesto vale più di mille parole

da | Ago 28, 2024

Tempo di lettura: 3 minuti

È possibile affrontare il tema della paternità senza ricorrere alle parole? Si può riuscire a trasmettere l’importanza della figura paterna, del senso di consapevolezza e di responsabilità che si celano in ogni gesto, avendo come unico strumento delle illustrazioni? Nel silent book di Choi Deok Kyu tutto questo diventa possibile.

Parlare di paternità non è mai stata cosa semplice né scontata. La maternità ha da sempre maggiore visibilità ai nostri occhi, sia per via di paradigmi sociali e culturali che ancora oggi permangono, sia per l’atto che lega inevitabilmente la figura femminile alla nascita di una nuova vita, uno straordinario evento, fatto di lunghe attese e di importanti sconvolgimenti fisici per la mamma.

Ma parlare di paternità diventa ancora più complesso se si prova a farlo in modo diverso, da una nuova prospettiva, trasmettendo una visione moderna, al passo coi tempi.

Il progetto 4e-parent ha come obiettivo proprio quello di comunicare l’importanza della figura paterna, sottolineando la crucialità di promuovere l’impegno e la presenza del padre fin dai primi istanti di vita del bambino o della bambina, a partire dal delicato momento del rientro a casa subito dopo il parto, secondo un’idea di mascolinità capace di essere accudente e responsiva. In questo contesto, spesso ci si dimentica del profondo significato che può assumere un semplice gesto o l’impatto comunicativo che può avere la raffigurazione di una scena di vita quotidiana.

Questo invece è proprio quello che Choi Deok-Kyu, classe 1974, scrittore coreano di molti libri per bambini, è riuscito a fare con il suo libro Le grandi mani di mio padre (Quinto quarto, pagg. 40, euro 17,10), un silent book che grazie a delle splendide illustrazioni parla dritto al cuore senza bisogno di parole.

Due vite a confronto

Attraverso una sola sequenza di immagini, infatti, l’autore descrive dettagliatamente le tappe più importanti di due vite messe a confronto, quella di un padre e quella di suo figlio, che con il tempo si ritrovano a vivere le stesse dinamiche, seppure a ruoli invertiti.

La narrazione si svolge su due canali paralleli, dove ogni pagina è divisa sia fisicamente sia idealmente; a sinistra un papà che si prende cura di un neonato in diverse situazioni, a destra quello stesso bambino, diventato adulto, che si ritrova ad accudire il papà, ormai anziano, negli stessi identici scenari.

Disegni dalla grafica semplice e chiara, messi in sequenza, comunicano l’importanza dei semplici gesti di cura, che si ripetono uguali a distanza di tempo; allacciare le scarpe, tagliare le unghie, infilare i bottoni, fare il bagno, sorreggere i passi. Si tratta sempre di gesti molto intimi, che implicano l’accettazione dell’altro in una sfera molto personale.

Se si guarda con attenzione, si noterà come alcune raffigurazioni delle pagine a sinistra siano state pensate all’interno di un cerchio, forse a voler rappresentare simbolicamente uno sguardo verso il passato, quasi attraverso un cannocchiale immaginario, mentre a destra il presente prende il sopravvento, manifestandosi con raffigurazioni a piena pagina.

Dunque un racconto, quello di Choi Deok Kyu, in cui le parole non servono. Una narrazione lasciata appositamente libera da riferimenti testuali, quasi come a volere che ciascun lettore guardi, osservi, ricordi per conto suo. Un silenzio voluto, per aiutare a far emergere il lato emotivo nascosto in ognuno di noi, ma anche per focalizzare l’attenzione sul senso di consapevolezza e di responsabilità che ogni genitore affronta per i propri figli e figlie, quella stessa responsabilità che ogni figlio a tempo debito sente di dover ricambiare, a testimonianza di un legame forte e indissolubile.

Le grandi mani di mio padre sottolinea come quelle mani un tempo forti e possenti, che per lungo tempo hanno sorretto, protetto, accompagnato in ogni istante di vita, dall’infanzia all’età adulta, sono destinate a diventare fragili, rugose e bisognose di cure, ricordando il perpetuarsi del cerchio della vita, dove gli eventi ciclicamente si ripetono e ogni fine porta con sé un nuovo inizio.

 

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