“Il congedo dopo il parto è protettivo verso i disturbi di salute mentale delle madri, specialmente se retribuito almeno per 2-3 mesi, meno chiari i risultati per quanto riguarda il congedo paterno, tuttavia, anche i padri manifestano miglioramenti per quanto riguarda la loro salute psichica quando ci sono politiche che offrono adeguata sostituzione salariale o incentivi in altre forme.”
Sono i principali risultati di un lavoro pubblicato su Lancet public health.
Il congedo dal lavoro sia della madre che del padre dopo il parto ha un effetto benefico sulla salute mentale dei neo-genitori. A rinforzare quello che già si sapeva, arriva un nuovo articolo pubblicato su Lancet public health (Heshmati A et al, The effect of parental leave on parents’ mental health: a systematic review, Lancet Public Health 2023; 8: e57–75). Si tratta di una revisione sistematica di 45 studi usciti fino alla fine di agosto del 2022 e condotti in USA, Australia, Canada, Cile, Danimarca, Francia, Germania, Irlanda, Giappone, Norvegia, Svezia, e alcuni Paesi europei presi in esame collettivamente. Tutti paesi ad alto reddito.
Gli studi hanno preso in esame qualsiasi forma di congedo successivo al parto: familiare (detto anche parentale), di maternità, di paternità, pagato o non pagato, di differente durata. Mentre, per quanto riguarda i problemi di salute mentale, sono stati considerati: sintomi depressivi, depressione, ricoveri per depressione, ma anche stress, burnout, ansia, salute mentale generale, ricoveri per problemi mentali e comportamentali, uso di antidepressivi, suicidi. Lo scopo era cercare di capire se esista una relazione tra l’accesso al congedo, considerando anche le sue caratteristiche di durata e retribuzione, e la salute mentale dei genitori.
Cosa è emerso? In sintesi si può dire che un miglioramento della salute mentale è stato osservato tra le madri che vivono in Paesi che hanno adottato una politica più generosa rispetto ai congedi per quanto riguarda la lunghezza del periodo di assenza dal lavoro e la sua retribuzione. Il congedo, dunque, è protettivo verso i disturbi di salute mentale delle madri, specialmente se retribuito almeno per 2-3 mesi. Un risultato che è emerso da tutti gli studi, nonostante i diversi contesti, nazioni ed esiti presi in esame. I risultati per quel che concerne l’associazione tra congedo paterno e salute mentale sono meno chiari, tuttavia l’articolo suggerisce che i padri manifestano miglioramenti per quanto riguarda la loro salute psichica quando ci sono politiche che offrono adeguata sostituzione salariale o incentivi in altre forme. Inoltre, per le mamme, l’effetto protettivo del congedo parentale sulla salute mentale potrebbe estendersi oltre il periodo post parto, mentre i benefici a lungo termine per i padri non sono sostenuti da prove scientifiche. Ma bisogna considerare che il periodo di assenza dal lavoro previsto per i padri è sempre piuttosto breve.
In alcuni Paesi il congedo paterno non c’è affatto. Secondo uno studio condotto dall’Unicef, quasi due terzi delle bambine e dei bambini del mondo con meno di un anno vivono in Paesi in cui i loro padri non hanno diritto nemmeno a un giorno di congedo di paternità retribuito. In Europa la situazione è molto eterogenea, anche se dal 2019 una direttiva europea relativa all’equilibrio tra attività professionale e vita familiare per i genitori e i prestatori di assistenza ha stabilito la durata del congedo di paternità in dieci giorni retribuiti al 100% (direttiva 2019/1158 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 giugno 2019). In Italia dal 2022 (Decreto legislativo 30 giugno 2022, n. 105), in attuazione della direttiva europea, il congedo di paternità è stabilito in 10 giorni obbligatori retribuiti al 100%, anche non continuativi, da prendere tra i due mesi precedenti alla nascita e i cinque mesi successivi. Si può usufruire del congedo anche in caso di adozione ed il periodo è estensibile fino a 20 giorni in caso di gemelli, ma l’accesso riguarda solo i padri lavoratori dipendenti, con una discriminazione per i lavoratori precari che tra i giovani sono moltissimi.
Bisogna sottolineare inoltre che in molti altri Paesi europei la durata del congedo di paternità è significativamente più alta dello standard minimo di dieci giorni stabilito dalla direttiva europea. Si va dai 480 giorni di congedo da spartire tra madre e padre della Svezia alle 16 settimane (di cui 6 obbligatorie) di congedo di paternità della Spagna. In realtà, l’Italia con i 10 giorni, è al penultimo posto insieme al Belgio e sopra alla Grecia che di giorni di congedo per il padre ne prevede solo due.
Oltre a quello della madre e del padre, c’è il congedo parentale, ovvero il diritto ad un periodo di 10 mesi di astensione dal lavoro da ripartire tra i due genitori e di cui usufruire nei primi 12 anni di vita del bambino. Anche qui il decreto del 30 giugno 2022 ha apportato alcune modifiche, in particolare ha stabilito che ciascun genitore lavoratore dipendente ha diritto a 3 mesi retribuiti al 30%, non trasferibili all’altro genitore, fino al dodicesimo anno di vita del bambino o della bambina o dall’ingresso in famiglia in caso di adozione o affidamento. Entrambi i genitori hanno diritto, in alternativa tra loro, a un ulteriore periodo indennizzabile al 30%, della durata complessiva di tre mesi. L’ultima legge di bilancio, inoltre, prevede che, per uno solo dei due genitori, il primo mese (dei 3 non trasferibili all’altro genitore) è retribuito all’80%, mentre i restanti 2 mesi sono retribuiti al 30%. Per avere diritto alla retribuzione all’80% occorre usufruirne però entro il sesto anno di vita del figlio o della figlia.
C’è da sottolineare che in molti Paesi europei, diversamente dall’Italia, il congedo è esteso al secondo genitore, ampliando così le tutele alle famiglie omogenitoriali.
Purtroppo, anche nei Paesi che adottano politiche più generose riguardo ai congedi per entrambi i genitori, l’utilizzo di questo strumento rimane impari: i padri ne usufruiscono molto poco soprattutto per questioni culturali e professionali. Sarebbe importante quindi focalizzarsi su queste problematiche per ridurre il divario sull’utilizzo del congedo. Secondo un articolo pubblicato recentemente su Dors, Centro regionale di documentazione per la promozione della salute del Piemonte, “strategie promettenti per aumentare l’utilizzo del congedo includono la riduzione dello stigma rispetto al suo utilizzo, collocare il congedo pagato nell’ambito di una più ampia serie di politiche di aiuto alla famiglia sul luogo di lavoro, e la formazione di manager e direttori attenti e solidali verso gli impegni familiari dei loro lavoratori” (Il congedo parentale giova al benessere mentale di mamme e papà, a cura di Paola Capra).
In effetti, tenendo presente le ultime scoperte delle neuroscienze secondo cui la nascita ed i primi anni di vita sono fondamentali ai fini dello sviluppo fisico, emotivo e cognitivo del bambino, sembra sempre più importante sostenere i genitori e i caregivers in questo difficile compito.
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