Le dichiarazioni di buone intenzioni non sono più sufficienti: è venuto il momento di adottare misure concrete per consentire ai padri di partecipare attivamente all’accudimento di figli e figlie fin dai primi giorni di vita, per la salute e il benessere del bambino e della bambina, ma anche dell’intera famiglia, per favorire l’occupazione femminile e per contrastare la violenza di genere. Il 26 settembre a Roma, nel corso di una partecipata conferenza dal titolo “Il tempo dei papà” (qui la registrazione dell’evento), il progetto europeo 4e-parent ha presentato a rappresentanti delle forze politiche di maggioranza e opposizione, del mondo aziendale e della società civile un pacchetto di iniziative con la proposta di introdurne alcune già nella Legge di Bilancio per il 2025. Qui trovi tutti i documenti relativi all’evento.
Le proposte
Ecco le proposte di 4e-parent.
- Estendere il congedo di paternità obbligatorio dagli attuali 10 giorni a 22 giorni lavorativi, di cui almeno 10 da fruire consecutivamente nel primo mese dalla nascita, eliminando l’obbligo di preavviso di cinque giorni al datore di lavoro e ammettendo invece la possibilità di trasmettere una certificazione entro 48 ore dall’avvio della fruizione del congedo.
- Applicare ai congedi di paternità i medesimi criteri di obbligatorietà esistenti per il congedo di maternità.
- Estendere la platea degli aventi diritto al congedo di paternità e al congedo genitoriale ai padri freelance, iscritti alla Gestione separata, calcolando il compenso sulle ultime due dichiarazioni dei redditi precedenti all’anno di inizio della gravidanza.
- Portare dall’80 al 100% la retribuzione del congedo obbligatorio di maternità.
- Prevedere quattro mesi di congedi genitoriali retribuiti all’80%, di cui due riservati alle madri e due ai padri.
- Prevedere l’anticipo da parte dello Stato dei compensi per i congedi alle aziende, per venire incontro alle esigenze della piccola e media impresa.
- Introdurre dei premi per le aziende con certificazione di genere che, a loro volta, premiano i fornitori che avviano il processo di certificazione di genere.
- Rilevare le modalità di utilizzo dei giorni di congedo di paternità fruiti nei primi cinque mesi di vita di bambini e bambine.
- Avviare una campagna di informazione pubblica che illustri i benefici dell’utilizzo dei congedi riservati ai padri e dell’accudimento paterno fin dai primi mesi di vita di figli e figlie.
- Incentivare il lavoro agile per i genitori, se fruito da entrambi.
«La situazione del nostro Paese è paradossale: offre il congedo di maternità obbligatorio più generoso d’Europa: 20 settimane pagate all’80% della retribuzione, mentre il congedo di paternità è pari al minimo richiesto dalla Direttiva UE sulla conciliazione del 2019», spiega la sociologa Annina Lubbock, del Centro per la Salute del Bambino. «Inoltre, abbiamo congedi genitoriali, chiamati oggi “congedi parentali”, retribuiti solo al 30%, tranne due mesi maggiorati all’80% (il secondo dei quali approvato con un emendamento), mesi che però sono trasferibili. Si tratta del livello più basso d’Europa, dunque siamo inadempienti nei confronti della Direttiva UE che prevede l’adeguatezza di tale retribuzione. Le nostre proposte tengono conto dei disegni di legge già depositati (DDL S. 77 – XIX, DDL S. 941 – XIX, PDL C n. 506 – XIX, L. 7 aprile 2022 n 32, “Deleghe al Governo per il sostegno e la valorizzazione della famiglia”, ODG 9/01627/156) come proposte per il “congedo paritario” e di un impegno trasversale a estendere i congedi di paternità fino ad arrivare alla parità, impegno assunto a dicembre 2023. Per attuarle è stato stimato un costo complessivo di un miliardo e mezzo di euro, una cifra che non dovrebbe essere considerata una spesa, ma un investimento con la prospettiva di un ampio ritorno in termini di benessere delle nuove generazioni e delle famiglie, di giustizia sociale, riduzione della violenza di genere e benefici per l’economia nazionale».
Da notare che per avviare le prime misure sarebbero sufficienti solo 200 milioni.
I vantaggi per la salute fisica e mentale di tutti
«Non dovrebbero servire prove per dimostrare che la partecipazione dei padri all’accudimento è vantaggiosa per l’intera famiglia», osserva Angela Giusti, prima ricercatrice del Centro Nazionale per la Prevenzione delle Malattie e la Promozione della Salute dell’Istituto Superiore di Sanità e responsabile del coordinamento scientifico del Progetto 4e-parent. «Eppure, queste prove le abbiamo».
Un coinvolgimento paterno empatico nelle cure garantisce sostegno psicologico alla neomamma nel periodo impegnativo del post-partum e riduce i conflitti di coppia.
«Aumenta la sintonia nell’approccio educativo dei genitori, anche nell’eventualità di una successiva separazione», aggiunge la sociologa Chiara Saraceno. L’incremento della produzione di ossitocina nel padre che accudisce il figlio o la figlia riduce la sua aggressività e il rischio di violenza di genere, che nel post-partum è più elevato.
«Nel breve termine, il coinvolgimento paterno, già dai primi 15 giorni di vita, favorisce l’allattamento, attraverso il supporto dato alle madri», spiega il pediatra Giorgio Tamburlini, presidente del Centro per la Salute del Bambino e responsabile del WP “Transferability and mainstreaming” del Progetto 4e-parent. «Diversi studi dimostrano inoltre che nel medio e lungo periodo favorisce lo sviluppo cognitivo e relazionale di bambini e bambine, riduce il rischio di problemi comportamentali in adolescenza, aumenta la probabilità di successo scolastico, ha effetti positivi sull’autostima e la capacità di tollerare le frustrazioni di ragazzi e ragazze e riduce significativamente la violenza domestica, fatto che già da solo giustificherebbe un forte impegno per promuovere una paternità accudente».
La parola alle famiglie, tra necessità e stereotipi
A sostegno delle proposte formulate, 4e-parent ha presentato i risultati di due indagini condotte nel corso del 2024, una su 4.500 neogenitori volontari reclutati online e una su 1000 neogenitori dipendenti di 6 aziende, per verificare il grado di informazione sui congedi di paternità e congedi parentali e la loro fruizione.
«I dati raccolti evidenziano che una parte significativa dei padri non ha potuto usufruire dei 10 giorni di congedo di paternità perché non rientrava nella platea degli aventi diritto, perché non era a conoscenza di averne diritto o per la resistenza dei datori di lavoro», spiega Barbara Vatta, antropologa culturale del Centro per la Salute del Bambino, coautrice di una delle due indagini.
Il congedo parentale è utilizzato più dalle madri che dai padri. «C’è una grande disparità soprattutto tra il numero di giorni fruiti dai padri e dalle madri: 10 giorni in media dai primi e 90 dalle seconde», osserva Maddalena Cannito, sociologa dell’Università di Torino, coautrice dell’indagine realizzata con le aziende. «I tre motivi principali per cui gli uomini si trattengono dall’utilizzo dei congedi sono il compenso inadeguato, appena il 30% della retribuzione, il timore di ripercussioni negative sulla carriera professionale e la convinzione che non sia necessario, dal momento che di figli e figlie si occupa la partner. Dal momento che in Italia in media una donna guadagna meno di un uomo, è logico che nell’economia familiare si scelga di rinunciare a una parte cospicua dello stipendio della madre rispetto a quello del padre. Gran parte dei neopapà ha confermato infatti che avrebbe utilizzato più giorni di congedo se fosse stato retribuito almeno all’80%».
La maggior parte dei genitori interpellati ha condiviso la necessità di istituire un congedo paritetico, cioè uguale per durata e retribuzione, per i padri e le madri e di informare e sensibilizzare la dirigenza delle aziende sui benefici del coinvolgimento paterno nelle cure di figli e figlie, così da abbattere gli stereotipi limitanti ancora radicati nei luoghi di lavoro.
Le risposte della politica e delle aziende
In un panel moderato da Francesco Belletti, del Centro Internazionale Studi Famiglia, e Laura Baldassarre dell’UNICEF, con politici, aziende e rappresentanti della società civile, i parlamentari e le parlamentari presenti alla conferenza in rappresentanza delle forze politiche dell’opposizione, Elena Bonetti di Azione, Alessandra Maiorino del Movimento 5 Stelle, Marco Furfaro e Chiara Gribaudo del Partito Democratico, si sono espressi a favore delle proposte presentate, con una perplessità riguardo all’ipotesi di una riforma graduale, dati i rischi che resti incompleta.
C’è stato anche un largo accordo rispetto al principio che già la Legge di Bilancio per il 2025 dovrebbe contenere misure non meramente simboliche, ma che avviano un cambiamento reale. Hanno riconosciuto l’importanza di estendere la platea degli aventi diritto al congedo di paternità e la durata del congedo obbligatorio di paternità. Hanno osservato che la maggior condivisione dei compiti di cura in famiglia può contribuire a incentivare la decisione di avere un secondo figlio e questo Governo ha tra le sue priorità l’aumento della natalità, che può contribuire all’occupazione femminile, gravemente svantaggiata dalla nascita dei figli.
Catia Polidori, deputata di Forza Italia, unica parlamentare delle forze di governo presente alla conferenza, a causa di impegni improrogabili degli altri parlamentari invitati, ha riconosciuto l’importanza della condivisione dell’accudimento da parte di entrambi i partner, ma ha manifestato perplessità sulla capacità delle piccole e medie imprese, tanto diffuse in Italia, di far fronte all’assenza sia delle madri sia dei padri dopo la nascita di un figlio o di una figlia.
A questa obiezione ha risposto Marco Russomando, portavoce di Illimity Bank, osservando che le piccole e medie imprese sono diffuse in tutto il mondo, anche nei Paesi d’Europa dove i congedi genitoriali vengono largamente utilizzati anche dai padri e dunque in qualche modo è possibile risolvere i problemi organizzativi che queste misure comportano. «Del resto, può accadere in qualsiasi momento che un dipendente sia costretto ad assentarsi per malattia, anche per periodi prolungati», ha commentato. «Al contrario, il congedo per maternità o paternità può essere pianificato per tempo».
Lea James, di Generali Italia, e Rinaldo Pietro Platti, di Prolink, hanno messo l’accento sulla necessità di promuovere negli ambienti di lavoro una cultura rispettosa della parità di genere, di fornire informazioni chiare ai lavoratori e alle lavoratrici e monitorare l’utilizzo dei congedi.
«Per rendere davvero paritario il congedo genitoriale e favorire l’occupazione femminile», ha rilanciato Platti, «bisognerebbe calcolare la retribuzione non sullo stipendio del genitore che si assenta, ma di quello che guadagna di più». È un’idea di cui si potrebbe tener conto nell’ambito di progetti futuri per portare avanti il lavoro svolto fin qui da 4e-parent.
«Perché i nostri giovani possano guardare con speranza a un futuro nel nostro Paese, è necessario mettere in atto riforme organiche. Non sono sufficienti provvedimenti spot come i bonus economici alla nascita di un figlio», ha osservato infine Pinella Crimi, vice-presidente del Forum delle Famiglie.
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